Tumore alla prostata

Il tumore della prostata è uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile e rappresenta circa il 15% di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo: le stime, relative all’anno 2012, parlano di 36.300 nuovi casi l’anno in Italia. Stando ai dati più recenti, nel corso della propria vita un uomo su 16 nel nostro Paese sviluppa un tumore della prostata, ma il rischio che la malattia abbia un esito nefasto non è particolarmente elevato, soprattutto se si interviene in tempo: la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 70%, una percentuale tra le più elevate tra i tumori, soprattutto se si tiene conto dell’età avanzata dei pazienti e quindi delle altre possibili cause di morte. Il tumore della prostata si sviluppa molto lentamente e può non dare sintomi per molti anni.
Il numero di diagnosi di tumore della prostata è aumentato progressivamente da quando, negli anni Novanta, l’esame per la misurazione del PSA è stato approvato dalla Food and Drug Administration americana. I valori del PSA sono tuttvia influenzati da molteplici fattori e possono risultare alterati anche per la presenza di una iperplasia prostatica benigna o di infezioni locali. Per questa ragione, negli ultimi anni, si tende a considerare più importante, dal punto di vista diagnostico, l’andamento del PSA nel tempo piuttosto che una singola misurazione elevata. Nella prostata sono presenti diversi tipi di cellule, ciascuna delle quali può trasformarsi e diventare cancerosa, ma quasi tutti i tumori prostatici diagnosticati originano dalle cellule della ghiandola e sono di conseguenza chiamati adenocarcinomi. Oltre all’adenocarcinoma, nella prostata si possono trovare in rari casi anche sarcomi, carcinomi a piccole cellule e carcinomi a cellule di transizione. Il tumore della prostata viene classificato in base al grado, che indica l’aggressività della malattia, e allo stadio, che indica invece l’estensione della malattia.

Tramite biopsia è possibile verificare quanto l’aspetto delle ghiandole tumorali sia simile e/o diverso da quelle normali.
In base alla similitudine o diversità viene assegnato al tumore il cosiddetto grado di Gleason, un numero compreso tra 1 e 5: più basso è il Gleason più le cellule tumorali sono simili alle cellule normali. Per definire invece lo stadio del tumore viene utilizzato il sistema TNM dove T indica l’estensione del tumore, N l’interessamento dei linfonodi e M la presenza di metastasi. La correlazione di questi parametri (T, Gleason score, e PSA) consente di attribuire alla malattia tre diverse classi di rischio: basso, intermedio e alto rischio. Oggi sono disponibili molti tipi di trattamento per il tumore della prostata ciascuno dei quali presenta benefici ed effetti collaterali specifici. Gli approcci terapeutici per il cancro della prostata variano dalla vigile osservazione alla sorveglianza attiva, dalla radioterapia alla chirurgia (prostatectomia radicale) dall’ormonoterapia e alla chemioterapia. La scelta del trattamento dipende da specifici fattori come l’estensione del tumore, la sua eventuale diffusione extra-prostatica, l’età del paziente e il suo stato di salute generale. La radioterapia svolge un ruolo fondamentale nel trattamento del carcinoma prostatico in tutti gli stadi, da quelli iniziali a quelli localmente avanzati. Può essere erogata come trattamento esclusivo o dopo la chirurgia, in presenza di specifici fattori di rischio, oppure per la comparsa di recidiva biochimica (progressivo rialzo del PSA) o di recidiva locale macroscopica. Presso il Centro UPMC Hillman Cancer Center San Pietro FBF vengono eseguiti tali trattamenti.
(Fonte: Airc, 2016)

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